Ad Arcavacata di Rende la drammatizzazione della Passione di Cristo

Gesù è in croce, sente il peso di tutti i peccati del mondo: il Suo fiato è spezzato, ha sete, il Suo volto è ricoperto di sputi, la polvere brucia le ferite… E’ la scena cuore della drammatizzazione della Passione di Nostro Signore in questo venerdì santo vissuto nel campetto parrocchiale di S. Maria della Consolazione in Arcavacata.

Un team di operatori delle due chiese di Arcavacata e di Gesù Misericordioso guidati dal Parroco, don Mario Ciardullo, si sono uniti per offrire una riflessione sul momento più alto della fede cristiana: la Passione e la morte di Cristo.

I “quadri” realizzati riproducono con abiti fedeli all’epoca, i momenti raccontati dal Vangelo, quelli che scandiscono le ultime ore della vita terrena del Figlio di Dio: l’Ultima Cena con il tradimento di Giuda, la cattura nell’orto degli ulivi, il processo davanti al tribunale di Pilato… Tutto intenso, tutto coinvolgente, il narratore ci riporta indietro nel tempo tra le strade di Gerusalemme. La musica si alza a sottolineare la tensione emotiva, i dialoghi tra Cristo e Pilato danno la misura dell’ingiustizia umana riservata al Figlio di Dio, nel gesto del potente di turno che si lava le mani, l’indifferenza consumata in ogni angolo della Terra, dove chi ricopre posizioni di responsabilità si volta dall’altra parte.

E poi, le cadute sotto il peso della croce, l’incontro con la Veronica che asciuga il volto del Cristo, le pie donne, il cireneo… L’interpretazione magistrale di Francesco Verre nelle vesti di Gesù non può non provocare un sussulto. Non è la teatralità del gesto e delle parole a coinvolgere, quanto il pensiero che sì, Cristo ha patito tutto questo per noi; perché al di là della fede più o meno radicata, al di là del credo, un uomo di Galilea (come ieri era il 7 aprile) nell’anno 30 di un venerdì 7 aprile ha spezzato la Storia in due: morto in Croce come Figlio di Dio. Non è solo il velo del tempio a squarciarsi in due, non la Terra a tremare, ma il nostro cuore. Nella Via dolorosa di Gesù, la via di ogni creatura umana fatta di gioie, dolori, fango, sputi, sorrisi, gesti di tenerezza, cirenei… Tutto vissuto dal Cristo che percorre nella sua carne, quella incredibile insostituibile avventura umana chiamata vita, a cui Dio ci ha chiamati.

Nella scena finale i due ladroni si fanno più vicini a Cristo, anche lì non esita a farsi da parte: “oggi sarai con me in Paradiso”, non vorreste anche voi strapparlo all’ultimo minuto? Non mette in cuore la speranza il gesto inaudito di Cristo? Il Suo “oggi”?

Poi… Gesù è in croce, sente il peso di tutti i peccati del mondo: il Suo fiato è spezzato, ha sete, il Suo volto è ricoperto di sputi, la polvere brucia le ferite, “Tutto è compiuto”, Maria tiene tra le braccia il Corpo di Cristo …La luna piena fa capolino sullo sfondo, i monti della Sila in lontananza riportano a quel tragico Calvario; sale piano piano la luna e riempie di luce un pezzo di cielo… Forse è lì a ricordarci che nel buio delle nostre notti spesso infinite, c’è sempre una piccola luce pronta a trovare un varco.

Di più ci ricorda che le ferite di Cristo possono fare di noi feritoie: perché chi ci guarda possa vedere Lui, possa vedere le cose pulite, le cose buone, le cose nobili, l’amicizia, la pace, la giustizia, la libertà, l’impegno, il dialogo… Feritoie da dove si vedono cieli nuovi e terra nuova.

Luisa Loredana Vercillo

Ph Giuseppe Garofalo 

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